mercoledì 10 ottobre 2018

In questi giorni si parla continuamente si SPREAD. La narrativa mainstream sta cercando di convincere gli italiani che il mondo dipende dallo spread.
Vediamo cosa è successo nel 2012 quando lo spread era ai massimi.
Leggendo l'Economist di quel periodo, viene alla luce un bellissimo confronto tra la situazione del Regno Unito e quella della Spagna
Debito a fine 2012 : 86% del pil Regno Unito.
                                     80% del pil Spagna.
Deficit di bilancio  :    7,9% per Regno Unito
                                        7,4% per Spagna.

Se però i due paesi chiedono un prestito al mercato, la situazione si fa completamente differente :
Il Regno Unito vende i suoi titoli di debito decennali all’1,82%, mentre la Spagna, li vende al 5,26%.
Perché tale differenza in un mercato globale ?
Perchè la Gran Bretagna può avviare le rotative, le quali hanno stampato 374 miliardi di sterline nel 2012.
Tale differenza si chiama “sovranità monetaria”.
I mercati non attaccano perché sanno benissimo che un paese sovrano ripagherà sicuramente il suo debito.
Anche gli investitori sanno benissimo questo e si accontentano di quasi 4 punti in meno di rendimento.
Facendo i conti della massaia (che alla fine sono quelli che valgono), la Banca d’Inghilterra ha monetizzato il 28% del debito pubblico lordo e il 35% del debito pubblico netto. Siccome gli interessi sul debito ammontano a circa 50 miliardi, questo rappresenta un minor costo fra i 14 e i 17,5 miliardi di sterline.
La Spagna invece quei soldi li deve spendere solo perché si trova nell'Euro e non è uno Stato Sovrano.
Se fosse entrata nell’euro, la Gran Bretagna avrebbe degli indicatori peggiori di quelli della Grecia solo per le richieste che i mercati non fanno perchè è Sovrana.
La finiranno i banchieri e i mercati di prenderci in giro? E perché nessun giornalista chiede questo ai politici in campagna elettorale?

mercoledì 29 agosto 2018

Da scenari economici : Autostrade. una società depauperata

Buongiorno a tutti
ci siamo scaricati i bilanci 2016 e 2017 di Autostrade Per l’Italia e abbiamo fatto alcune considerazioni analizzando i numeri che sono riportati sui documenti denominati “relazione finanziaria annuale”.
Qui ci siamo limitati ad una prima sommaria analisi dei dati per non fare un articolo troppo lungo da annoiare i lettori. Faremo successivi approfondimenti su tutto il gruppo Autostrade/Atlantia così da poter fornire un quadro di tale gruppo che gestisce in concessione gran parte delle nostre autostrade.
Abbiamo cercato di usare un linguaggio il meno tecnico possibile in modo che l’articolo possa essere fruibile anche da non addetti ai lavori.
I numeri sono stati analizzati con gli indici di bilancio più importanti normalmente usati da qualsiasi analista.
Sono stati analizzati il conto economico, lo stato patrimoniale e il rendiconto finanziario in modo da vedere alcuni indici di bilancio importanti per la valutazione di Autostrade come eventuale investimento di un piccolo risparmiatore.
La prima analisi affrontata è la cosiddetta Analisi Per Margini.
Tale analisi ho lo scopo di mettere in evidenza gli aspetti statici della struttura aziendale.
I MARGINI che sono costruiti sullo STATO PATRIMONIALE sono:
Margine di struttura (MS) e Margine di tesoreria (MT).
MARGINE DI STRUTTURA (MS)
MS = (PATRIMONIO NETTO – ATTIVO NON CORRENTE)
Il margine di struttura è rappresentato dalla differenza fra il patrimonio netto (calcolato secondo i criteri finanziari e quindi al netto dei crediti verso i soci per versamenti ancora dovuti, delle azioni proprie in portafoglio e degli utili per i quali si è deliberata la distribuzione) e l’attivo a medio/lungo termine (valore netto dell’attivo immobilizzato secondo il criterio di liquidità).
La logica di questo margine risiede nel fatto che una situazione ideale sul piano del rapporto fra Impieghi (Passivo di stato patrimoniale) e Fonti (Attivo di Stato Patrimoniale) si ha quando l’attivo immobilizzato è “coperto” da fonti durevoli rappresentate dai mezzi propri non destinati alla distribuzione.
Il margine di struttura indica la capacità dei mezzi propri di coprire il fabbisogno durevole rappresentato dalle attività a medio/lungo termine.
Se il margine è positivo significa che il capitale proprio copre tutto il fabbisogno durevole; se negativo significa che parte del fabbisogno è coperta da debiti.
La negatività del margine è in ogni caso considerata fisiologica se la differenza è coperta da debiti
consolidati a medio/lungo termine.
Vediamo i dati di Autostrade per l’Italia.
Notiamo un Margine di struttura fortemente già negativo nel 2016 e non coperto dai debiti a medio/lungo termine.
Notiamo anche che tra i debiti a medio/lungo termine sono presenti “Derivati con fair-value negativo” per 429.144.426. Non è stato possibile analizzare questi contratti, ma ben sappiamo che trattandosi di contratti derivati, le incognite possono essere moltissime.
Quindi possiamo dire che Autostrade Per L’Italia non passa l’esame del primo indice.
Andiamo quindi a vedere il secondo indice, il cosiddetto MARGINE DI TESORERIA che è calcolato dalla seguente formula :
MT = (LIQUIDITÀ DIFFERITE +LIQUIDITÀ IMMEDIATE) – PASSIVITÀ a BREVE
Il margine di tesoreria è calcolato sottraendo alle attività liquide immediate (già in forma liquida) e differite (destinate a tornare in forma liquida a breve termine) le passività a breve (debiti esigibili entro il successivo periodo amministrativo, tra cui anche: quote a breve dei debiti di finanziamento a medio e lungo termine, quote dei fondi costi futuri e di altri fondi.
Il margine di tesoreria dovrebbe essere sempre positivo.
Se il margine è negativo significa che l’impresa si trova in zona di tensione finanziaria a breve termine perché, di fronte ad una richiesta di rimborso immediato di tutti i debiti a breve termine, non avrebbe i mezzi finanziari necessari per farvi fronte.
Vediamo nella seguente tabellina i dati di Autostrade per L’Italia :
Vediamo che il Margine di Tesoreria positivo nel 2016 diventa fortemente negativo nel 2017. Gli analisti direbbero che si riscontra una tensione finanziaria molto forte.
Non esprimiamo giudizi in merito e continuiamo con la nostra analisi. Un altro indice importantissimo è il Capitale Circolante Netto o CCN.
Viene calcolato con la seguente formula :
CCN= ATTIVITA’ CORRENTI-PASSIVITÀ CORRENTI
Il capitale circolante netto è dato dalla differenza fra le attività a breve (disponibilità, liquide differite e liquidità immediate) e le passività a breve.
In termini di copertura finanziaria e di relazione strutturale il capitale circolante netto corrisponde alla differenza tra fonti durevoli e consolidate (patrimonio netto e passività a medio.lungo termine) ed impieghi durevoli rappresentati dalle attività a medio/lungo termine.
Il capitale circolante netto finanziario deve essere per forza fortemente positivo perchè se il margine è negativo significa che impieghi durevoli sono finanziati da passività a breve termine con riflessi preoccupanti sulla solvibilità.
Nella tabellina successiva sono riportati i dati di Autostrade Per L’Italia.
Notiamo che nel 2016 era positivo per oltre 1,5 mld di euro, mentre nel 2017 diventa fortemente negativo e gli analisti quindi denuncerebbero forti preoccupazioni riguardo la solvibilità aziendale.
Veniamo ora ad analizzare un altro indicatore: la POSIZIONE FINANZIARIA NETTA
La posizione finanziaria netta (PFN) è data dalla somma di disponibilità monetarie e attività finanziarie cui vengono sottratti i debiti finanziari.
PFN=DISPONIBILITA’ LIQUIDE+ATTIVITA’ FINANZIARIE-PASSIVITA’ FINANZIARIE.
I dati per Autostrade sono i seguenti :
Il segno algebrico finale della PFN esprime un giudizio sul livello complessivo dell’indebitamento nei termini seguenti:
  • se il segno è positivo indica una eccedenza delle disponibilità liquide e delle disponibilità finanziare rispetto all’indebitamento;
  • se negativo indica una insufficienza delle disponibilità liquide e delle disponibilità finanziarie a coprire l’indebitamento finanziario, ovvero l’esposizione netta dell’impresa nei confronti dei finanziatori.
Sembra che in questo caso i finanziatori non abbiano grandi garanzie che la loro esposizione possa venire coperta visto che i dati sono negativi per quasi 10mld di euro.
Per maggiore completezza calcoliamo anche la POSIZIONE FINANZIARIA NETTA A BREVE.
I due indicatori si differenziano solo per l’orizzonte temporale di riferimento.
La posizione finanziaria netta a breve è costituita dalla somma di disponibilità monetarie e attività finanziarie a a breve a cui devono essere sottratti i soli debiti finanziari a breve termine.
Quindi abbiamo :
PFN(A breve)=DISPONIBILITA’ LIQUIDE+ATTIVITA’ FINANZIARIE A BREVE-PASSIVITA’ FINANZIARIE A BREVE.
Ecco i dati
Dalla tabella possiamo notare che la posizione finanziaria netta a breve rimane in terreno positivo, ma è in preoccupante peggioramento rispetto all’anno precedente e questo dovrebbe sollevare notevoli preoccupazioni per i finanziatori della azienda.
Usando questi indicatori appena calcolati e rapportandoli ad altri parametri come il fatturato e l’EBITDA si possono ottenere indicazioni interessanti riguardo la capacità di restituzione del debito.
La capacità dell’impresa di restituire il debito dipende anche dalla sua capacità di generare flussi di cassa che possano rimborsare i suoi finanziatori. Tali flussi dipendono dai ricavi (i pedaggi che paghiamo) e in parte anche dalla gestione caratteristica. Facendo così riferimento al Fatturato e all’EBITDA possiamo ottenere:
PFN/FatturatoEsprime la capacità dell’azienda di coprire il debito mediante i flussi finanziari derivanti dalle vendite
PFN/EBITDAEsprime la capacità dell’azienda di coprire il debito mediante i flussi finanziari derivanti dalla gestione caratteristica.
Per entrambi gli indicatori, quanto minore è il rapporto, tanto più velocemente l’’impresa rientra dall’esposizione finanziaria.
Vediamo i numeri dell’azienda:



Vediamo che i tre indicatori hanno andamento diversi ma a questo c’è una spiegazione.
Vediamo che il primo indicatore PFN/FATTURATO è in peggioramento. Quindi la capacità della società di coprire il debito mediante i flussi finanziari derivanti dalle vendite è in leggera diminuzione nonostante l’aumento di ricavi da pedaggi.
Il secondo indicatore è in leggero miglioramento, ma il terzo è in deciso peggioramento. Quindi l’azienda migliora leggermente la capacità di coprire il debito mediante i flussi derivanti dalla gestione caratteristica. Il risultato dovrebbe in teoria essere molto migliore in quanto l’azienda ha ricavi da pedaggi certi e in aumento sistematico. Ricordiamo che Autostrade opera in regime di monopolio e i ricavi possono essere definiti certi e a rischio 0.
Il Terzo indicatore è in preoccupante peggioramento, in quanto il patrimonio netto dell’azienda è calato da 3.605.113.569 dell’esercizio 2016 a 1.986.808.214 dell’esercizio 2017. Questo ci porta a dire che l’azienda aumenta la propria dipendenza da capitale di terzi nonostante il continuo aumento dei ricavi da pedaggi e dobbiamo dire che, secondo questi indicatori, la solidità aziendale è in deciso peggioramento rispetto agli esercizi precedenti.
Questo dovrebbe suscitare grande allarme da parte dei finanziatori e degli azionisti.
Dopo questi primi indicatori vediamo di fare una analisi per indici più approfondiya che ci consenta di valutare l’assetto economico di Autostrade nelle sue componenti finanziarie, patrimoniali, monetarie e reddituali). Vengono costruiti rapporti e quozienti al fine di indagare sulla gestione aziendale nelle diverse dimensioni. Si identificano come base i risultati ottenuti dalla lettura dei documenti presenti sul sito di Autostrade.
L’analisi per indici ha il vantaggio di trasformare i valori assoluti in valori relativi consentendo raffronti oltre che nel tempo anche nello spazio (confronti interaziendali) o con parametri obiettivo (benchmark) che saranno oggetto del prossimo articolo.
Gli indici rappresentano un buon modo di analisi della gestione, ma la loro applicazione deve essere oggetto di ragionamento in base ai dati e agli andamenti di bilancio. Tutto questo deve essere anche coerente con le finalità perseguite dalla analisi. Autostrade non è una comune società, ma è una società che gestisce un bene di proprietà dello Stato, quindi un bene comune. Quindi tale bene dovrebbe essere gestito non con criteri di solo profitto, ma anche con criteri di servizio per la collettività.
I paragrafi precedenti si possono qualificare come “sistema generale” mentre ora scenderemo nel dettaglio e cercheremo di individuare i sotto-sistemi con cui indagare l’assetto economico globale dell’impresa.
Quindi individuiamo i sotto-sistemi di :
  1. Liquidità
  2. Solidità
  3. Redditività
Gli indici di liquidità sono collegati all’equilibrio finanziario e monetario nel breve periodo. Una equilibrata liquidità produce flussi finanziari e monetari che consentano di fare fronte ai propri impegni.
Alcuni indici fondamentali, da valutarsi unitamente al Margine di tesoreria e al Capitale Circolante Netto che abbiamo analizzato nei paragrafi precedenti sono:
Liquidità primaria = (Liquidità immediate+Liquidità differite)/Passivo a breve.
Dati di Autostrade :
Questo indice consente di valutare l’attitudine dell’azienda a soddisfare gli impegni di breve periodo attraverso le risorse già liquide o liquidabili.
Tutta la letteratura economica afferma che la condizione ottimale si realizza quando questo indice è pari o superiore ad 1. Un indice inferiore ad 1, al contrario, segnala uno stato di insolvibilità e vediamo che anche in questo caso la situazione di Autostrade può risultare preoccupante con il dimezzamento del valore dell’indice.
Liquidità secondaria = Attività Correnti(comprese scorte di magazzino e attivi per lavori in corso)/Passività Correnti
Dati di Autostrade:
Questo indice consente di valutare quanto le risorse liquide comprese le scorte di magazzino e gli attivi per lavori in corso, permettano di fronteggiare gli impegni assunti a breve termine.
Facendo la differenza in valore assoluto tra numeratore e denominatore, nei paragrafi precedenti, abbiamo calcolato il capitale circolante netto o CCN che abbiamo visto risultare negativo e fornire segnali preoccupanti. Il dato del CCN viene sostanzialmente confermato dal dato di liquidità secondaria.
La condizione ottimale per l’azienda si realizza quando l’indice è compreso tra 1,5 e 2.
In altre parole, l’attivo a breve deve essere superiore al passivo a breve, mentre vediamo che in Autostrade questo è ben lontano dal realizzarsi. Questa conbinazione fornita dal CCN negativo e dall’indice di liquidità inferiore a 1,5 dovrebbe essere inteso come un segnale preoccupante per finanziatori e risparmiatori.
Collegati a questi vi sono altri due indici che ci danno indicazione dei tempi medi di pagamento sia attivi che passivi. Questi indici sono:
  1. Durata media dei crediti commerciali = Crediti commerciali / (Ricavi/365)
  1. Durata media dei debiti commerciali = Debiti commerciali / (Costi per beni e servizi (esclusi oneri di gestione)/365)
Con tali formule, vengono calcolati i tempi medi di incasso dei crediti e pagamento dei debiti commerciali.
Il primo indice dà indirizzo di quanto sia circa il periodo medio di riscossione dei crediti verso i clienti mentre il secondo dà indirizzo circa il periodo medio di pagamento dei debiti verso fornitori.
Vediamo i numeri di Autostrade.


In questo caso, la letteratura economica dice che una condizione soddisfacente si realizza quando i due indici sono simili o quando i tempi medi di pagamento tendono ad essere superiori a quelli di incasso. In questa gestione Autostrade è insuperabile. Tempi di incasso velocissimi e tempi di pagamento biblici. In questo caso i flussi finanziari sono assolutamente equilibrati e Autostrade migliora di anno in anno passando da 439 giorni nel 2016 a 536 nel 2017. Per essere fornitori di Autostrade bisogna non avere fretta nell’essere pagati.
Nei paragrafi precedenti abbiamo calcolato l’indice base detto Margine Di Struttura dal quale derivano i cosiddetti indici di indebitamento e di solidità.
La solidità è la capacità di un’impresa di reggere il passare del tempo e può essere interpretata secondo due diverse accezioni:
  1. Le condizioni di equilibrio in modo di far fronte alle scadenze temporali di investimenti (struttura patrimoniale) e finanziamenti (struttura finanziaria);
  2. La dipendenza finanziaria da terzi, cioè l’equilibrio tra mezzi propri e mezzi di terzi sia a breve che a lungo termine.
I principali indici collegati al Margine di struttura sono:
  1. Indice di copertura delle immobilizzazioni=Mezzi propri/Attivo immobilizzato
  2. Rapporto di indebitamento (globale) = Mezzi propri/Mezzi di terzi
Il primo indice mette in relazione i mezzi propri con le attività durevoli e strumentali alla gestione caratteristica.
  • Se > 1 si ha una situazione solida
  • Se = 1 si ha una situazione di sostanziale equillibrio
  • Se < 1 si ha una situazione degna di ATTENZIONE
I valori < 1 sono tipici:
  • nei primi anni di attività e non è il caso di Autostrade
  • nelle fasi di notevole sviluppo e anche qui Autostrade ha grosse criticità sul rispetto del piano di investimenti statale come è ben visibile dai dati di bilancio.
Tale indice andrà interpretato comunque considerando:
  • la capacità di generare flussi di cassa e qui Autostrade non ha certo problemi in quanto incassa ben oltre 3 mld/anno di pedaggi.
  • l’onerosità dei mezzi di terzi che andremo ad analizzare in seguito e vedremo essere piuttosto elevata.
Vediamo che i dati di Autostrade, anche per questo indicatore, forniscono notevoli segnali di criticità. Il capitale netto è insufficiente per la copertura delle immobilizzazioni. Già nel 2016 la copertura era molto bassa e nel 2017 l’indice è dimezzato causa una supermaxi distribuzione di Dividendi e Riserve per quasi 2 miliardi di €. Riteniamo una cosa piuttosto strana vedere una società che gestisce un bene pubblico fare una così elevata distribuzione di dividendi e riserve. Tale operazione, come vedremo in seguito, presenta secondo noi notevoli criticità.
Qui la tabella con l’indice di copertura delle immobilizzazioni che vediamo essere quasi dimezzato e anche questa cosa dovrebbe suscitare grande allarme.
Vediamo ora il Rapporto di Indebitamento Globale che è costituito dal rapporto fra Capitale proprio e Capitale di terzi.
L’indebitamento globale esprime il rapporto tra debiti complessivi e mezzi propri.
  • Se = 1 indica una situazione di equilibrio tra mezzi propri e mezzi di terzi.
  • Se <1 implica mezzi di terzi superiori ai mezzi propri quindi l’azienda presenta una prevalenza di debiti rispetto al capitale proprio.
  • Se > 1 implica Mezzi propri superiori ai mezzi di terzi.
Vediamo i dati di Autostrade che, essendo una società che gestisce un bene pubblico, dovrebbe, secondo il nostro parere, avere un rapporto di indebitamento molto più prudente.
Da questo dato possiamo vedere che il grado di prudenza nella gestione di Autostrade è piuttosto basso e l’indice è in netto peggioramento rispetto al 2016.
Veniamo ora all’analisi con altri tipi di indici che sono gli Indici di Redditività.
Per redditività s’intende il rapporto tra reddito ed il capitale necessario per produrlo. L’analisi della redditività verifica la coerenza tra i risultati economici del conto economico riclassificato rispetto alle risorse impiegate per ottenerli.
I principali indicatori della redditività sono:
ROE (Return on Equity) = Reddito Netto/Patrimonio Netto
Consente di apprezzare la remunerazione del capitale di rischio.
Vediamo dai dati che la propensione a remunerare il capitale di rischio e il capitale proprio è nettamente aumentata durante l’esercizio 2017. La redditività netta dei mezzi propri è in aumento esponenziale rispetto all’esercizio 2016. La prima causa di questo è chiaramente la diminuzione del Patrimonio Netto che come vediamo dai dati di bilancio è diminuito in modo preoccupante causa la massiccia distribuzione di Capitale e Riserve.
ROI (Return on Investment) = Reddito Operativo/Capitale Investito
Analizza la redditività degli investimenti aziendali. E’calcolato con il rapporto tra reddito operativo aziendale e totale delle attività(al netto dei fondi rettificativi): misura quanto hanno reso le attività nette impegnate nella gestione aziendale.
Notiamo anche qui la netta impennata dei ROI causata dal calo delle attività.
Non calcoliamo l’indice di Redditività del Capitale Circolante Netto in quanto essendo il CCN diventato negativo nel 2017 il risultato sarà di redditività negativa che conferma quanto detto per gli indici precedenti.
L’indice ROS (return on Sales) è dato dal rapporto tra il reddito operativo della gestione caratteristica e di ricavi netti. Misura la convenienza economica della vendite, o meglio l’efficienza della gestione reddituale. La performance dei ricavi per pedaggi in rapporto al reddito operativo della gestione oseremmo dire che è “spaventosa” come possiamo vedere da questa tabella :
Nella definizione accademica, Il ROS evidenzia la capacità relativa di praticare prezzi di vendita maggiori rispetto ai costi sostenuti.
In questo Autostrade dimostra grande capacità di riscuotere pedaggi a prezzi molto elevati e soprattutto in modo assolutamente pribo di rischi.
Vediamo ora la parte di indici relativi al costo e alla gestione dell’indebitamento
Il costo medio delle risorse finanziarie è determinabile in approssimazione con il seguente rapporto detto indice ROD (Return On Debt) o Costo Del Capitale Di debito.
Tale indice è composto da Oneri Finanziari / Capitale a Debito.
In Autostrade abbiamo questo risultato :
La performance per una azienda di questo tipo e caratura ci sembra decisamente bassa, perché il costo dell’indebitamento è decisamente alto dato il livello di tassi del 2017.
La letteratura economica comprende gli indici più disparati, noi abbiamo scelto quelli che normalmente sono più usati e più significativi. Si può approfondire l’analisi con altri indici, ma riteniamo che quelli usati diano già un buon quadro della situazione della società Autostrade Per L’Italia.
Analizzando Stato Patrimoniale, Conto Economico e Rendiconto Finanziario che alleghiamo alla fine dell’articolo, risaltano particolarmente alcune voci :
  • Distribuzione di riserve da patrimonio netto per 1.101.311.641.
  • Dividendi Corrisposti per 764.471.183.
La società presenta molte criticità a livello di bilancio e non si capiscono tali prelevamenti di utili e di riserve. Già nel 2016 si riscontravano alcune criticità a livello di analisi. Tali criticità si sono enormemente amplificate nell’esercizio 2017 con l’operazione di distribuzione su utili e riserve.
  1. Non capiamo cosa ci sia dietro questa “strategia di svuotamento”. Approfondiremo, ma siamo portati a pensare che la capogruppo volesse dalle controllate liquidità per affrontare nuovi investimenti (Abertis e altri). Chiaramente Autostrade, causa i suoi ricavi da pedaggi è la gallina dalle uova d’oro.
Inoltre segnaliamo una ulteriore criticità sul bilancio :
L’Articolo 2426 5° comme Codice Civile recita testualmente :
I costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale. I costi di impianto e ampliamento devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. I costi di sviluppo sono ammortizzati secondo la loro vita utile; nei casi eccezionali in cui non è possibile stimarne attendibilmente la vita utile, sono ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. Fino a che l’ammortamento dei costi di impianto e ampliamento e di sviluppo non è completato possono essere distribuiti dividendi solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati.
Autostrade ha ;
  1. Costi non ammortizzati” € 17.402.993.583
  2. Patrimonio Netto” 1.986.808.214
  3. Capitale Sociale” 622.027.000
  4. Riserve” 1.364.781.214
Un base al 5° comma art. 2426 Codice Civile le Riserve (4) dovrebbero “coprire” i costi di impianto e ampliamento (1). Siamo molto lontani dalla copertura e ciò significa che Autostrade non poteva distribuire dividendi. A che titolo solo nel 2016 sono stati distribuiti ai soci dividendi per € 775.000.000 e nel 2017 per € 764.000.000 visto che in base alle norme del codice civile i dividendi non erano distribuibili ?
Alla prossima puntata.

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lunedì 20 agosto 2018

Autostrade per l’Italia lascia in cassa integrazione i manutentori: il caso PAVIMENTAL

articolo pubblicato da scenarieconimici.it

Autostrade per l’Italia lascia in cassa integrazione i manutentori: il caso PAVIMENTAL

Cari Signori,
oggi mi sono venute in mente alcune cose che venivano da tempi molto lontani. Fatta mente locale, mi sono fatto un giretto su google e ho avuto conferma di alcune cose molto interessanti.
La società Atlantia Spa controlla alcune società che si chiamano Spea Engineering Spa (al 100%),
Autostrade Per L’Italia Spa e Pavimental Spa.
Sul sito di Atlantia Spa è reperibile la “Relazione finanziaria semestrale al 30/06/2018”.
A pagina 11 della stessa relazione è possibile verificare che esiste una società controllata al 100% dal nome Spea Engineering Spa.
Andando al seguente link https://www.stradeeautostrade.it/strade-e-autostrade/sorveglianza-e-manutenzione-delle-opere-darte-autostradali/ si trova un articolo molto interessante dove si afferma che la società del gruppo è specializzata nella “Sorveglianza e Manutenzione Delle Opere d’Arte Autostradali”.
In questo articolo si descrive “L’esperienza di Spea Engineering SpA nella manutenzione del patrimonio: conoscenza, ispezione e sorveglianza”.
Riporto testualmente quanto scritto :
“La sorveglianza e la manutenzione delle opere d’arte stradali rappresentano sempre più un asset fondamentale e strategico per tutti gli Amministratori di reti viarie (Società Concessionarie, Enti, ecc.) e implicano un considerevole impegno di risorse e mezzi incidendo in maniera significativa sui bilanci”. La metamorfosi degli appalti in corso rivela infatti che, ad oggi, oltre il 70% del mercato italiano (era il 42% tra il 2002 e il 2012 – cfr. “Edilizia e Territorio”, “Il Sole 24 Ore”, n° 22 nonché Decimo Rapporto Infrastrutture Strategiche della Camera dei Deputati) ha virato dalle grandi opere alle manutenzioni del patrimonio”.
La gestione delle opere nel suo complesso è finalizzata a definire la programmazione degli interventi per garantire la fruibilità complessiva della struttura. Al concetto tradizionale di manutenzione delle opere si affianca quindi quello di “manutenzione programmata”, strumento principale per l’attuazione di politiche di manutenzione preventiva/pianificata che, basandosi sul controllo periodico dei manufatti, consente di:
  • identificare tempestivamente le opere che tendono a deteriorarsi;
  • valutare lo stato presente e futuro delle parti componenti il bene (esame predittivo);
  • effettuare interventi di ripristino/adeguamento con congruo anticipo rispetto a un eventuale deterioramento, ottimizzando pertanto il costo di investimento in relazione alla vita residua e alle modalità di esercizio richieste;
  • garantire costanti condizioni di sicurezza per l’utente.
Solo tramite la conoscenza delle opere in termini di durabilità e di evoluzione dei difetti (attraverso l’ispezione e la sorveglianza periodica del patrimonio in esercizio) è possibile stabilire modelli predittivi del comportamento strutturale e funzionale delle opere.
Continuando la lettura, si arriva ad un certo punto ove si parla di manutenzioni programmate. Riporto testualmente la interessante affermazione :
“La manutenzione programmata
Solo le opere costruite negli ultimi anni sono dotate di un piano di manutenzione (D.P.R. 554/99 e D.P.R. 207/2010), redatto dallo stesso Progettista, che consente una programmazione dei controlli e degli interventi, con l’obiettivo di minimizzare le spese e allocarle nel tempo di vita nominale del manufatto.
Per le opere infrastrutturali che non hanno invece un piano di manutenzione perché antecedenti all’entrata in vigore del citato D.P.R., e che rappresentano la quasi totalità di quelle esistenti nel nostro Paese, è compito del Gestore controllare che lo stato di conservazione sia sempre tale da garantire la sicurezza e la fruizione completa del bene.”
Nelle pagine seguenti viene fatta la seguente affermazione :
“I manufatti di queste infrastrutture sono oggetto di un invecchiamento che per la maggior parte era comunque difficilmente prevedibile al momento della progettazione e della realizzazione, sia per la vertiginosa crescita dei livelli di traffico che del peso dei carichi transitanti e dell’aggressione chimico-fisica degli elementi ambientali; solo un efficace monitoraggio, pertanto, può consentire di valutare il reale stato di conservazione e di conseguenza le necessità e le priorità degli interventi di ripristino più appropriati, sia dal punto di vista tecnico che temporale.
Su queste opere è necessario mettere in atto un sistema di controlli e interventi che viene ormai correntemente utilizzato da numerosi Gestori di infrastrutture, definito come “manutenzione programmata”. Questa si pone in maniera alternativa e nettamente più evoluta alla semplice gestione, che prevede di intervenire solo nel momento in cui il danno si è manifestato”.
Inoltre dal sito di Spea Engineering Spa www.spea-engineering.it al link http://www.spea-engineering.it/it/settori/autostrade/ possiamo apprendere quanto scritto testualmente :
“tra i servizi di consulenza forniti da SPEA Engineering alle società concessionarie assumono particolare rilevanza, oltre alla progettazione ed alla direzione lavori, quelli attinenti gli aspetti gestionali delle infrastrutture quali: la gestione degli assett e dei relativi piani di manutenzione, il monitoraggio delle reti esistenti, l’analisi dei flussi di traffico, il controllo dello stato di conservazione delle infrastrutture e l’analisi degli elementi di rischio, tutti finalizzati all’attuazione di efficienti sistemi di gestione operativa.
Un ulteriore ‘’valore aggiunto’’ di SPEA Engineering è l’eccellente curriculum dei suoi ingegneri e specialisti in materia di strategie e tecniche di pedaggiamento, comprendente la progettazione di caselli, l’analisi dell’impatto sociale del pedaggio e la elaborazione di specifiche tecniche per le società concessionarie. “
Sullo stesso sito, inoltre è già esposto sommariamente tutto il progetto della “gronda di ponente” con previsto investimento di 2,5 mld di € (mentre a inonda su LA7 dichiarano che la gronda costerà 4 mld).
Ecco il link ; http://www.spea-engineering.it/it/progetto/seconda-autostrada-di-genova-gronda-di-ponente/
Io, da misero ignorante, mi porgo una domanda. Ma questa Spea Engineering Spa non fa esattamente quello che serviva per non fare crollare il ponte? Addirittura dichiarano di avere la tecnologia per costruire modelli predittivi.
Tutta questa prosopopea serve per monitorare tutta la rete autostradale meno il Ponte Morandi?
Oppure la struttura di Spea Engineering faceva altre cose ? Da quanto scritto sul sito si direbbe che la sua specializzazione fosse quella di fornire tali servizi alle società concessionarie e che avesse tutte le competenze necessarie per evitare il crollo del ponte.
Se ammettono tranquillamente sul loro sito che la manutenzione e il monitoraggio erano una loro responsabilità e avevano tutte le competenze per farlo, come mai si istruiscono processi che dureranno fino alle calende greche?
Oltre alla SPE Engineering, abbiamo anche un’altra società molto interessante : La Pavimental Spa.
Vediamo gli azionisti.
Atlantia 59,4%
Autostrade Per l’Italia 20%
ADR Aeroporti Di Roma 20%
Astaldi 0,6%
La società Pavimental Spa, come si vede bene dai bilanci allegati, nell’esercizio 2016 ha riportato una perdita di 30 milioni di € mentre nel 2017 ha riportato un utile di 15 milioni di € circa.
Nel mese di maggio 2018 la Pavimental Spa ha chiesto e ottenuto dal Ministero del Lavoro La Cassa Integrazione Straordinaria per 287 dipendenti ADDETTI ALLA MANUTENZIONE. Avete letto bene!
La domanda che ci poniamo è molto semplice : come è possibile concedere una cassa integrazione straordinaria 5 giorni prima dell’insediamento di un nuovo governo a una società che aveva dichiarato 15 milioni di utile nell’esercizio precedente?
Nel commento al bilancio al 31/12/2017 Pavimental Spa afferma che “l’esercizio 2017 è stato caratterizzato dalla definizione di un Atto di Transazione con cui Autostrade per l’Italia (di seguito ASPI) ha riconosciuto alla Pavimental circa 28,2 milioni di euro a saldo e stralcio di tutte le pretese, richieste e riserve connesse alla applicazione dei ribassi definitivi stabiliti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (di seguito MIT) sulle commesse infrastrutturali affidate nell’area di Barberino del Mugello in luogo di quelli contrattuali provvisori. Tale applicazione aveva determinato nel 2016 un impatto negativo sulla produzione di circa 53,9 milioni di euro.
I ricavi complessivi si sono attestati a circa 389 milioni di euro con un incremento del 26,01% rispetto all’esercizio 2016; in particolare il presente esercizio è stato caratterizzato da un incremento dei volumi di attività per effetto della maggiore produzione per opere infrastrutturali affidate da ASPI e da Aeroporti di Roma (di seguito ADR).
In conseguenza di quanto sopra menzionato il 2017 chiude con un utile di circa 15,8 milioni di euro.”
Da questa bellissima frase si deduce che le società del Gruppo Atlantia se la cantano e se la suonano tra di loro.
Vediamo la composizione del fatturato :
Nell’anno 2016 Pavimental ha fatturato 304 milioni di cui 296 verso società controllanti (Autostrade, Atlantia e ADR Aeroporti di Roma).
Nell’anno 2017 Pavimental ha fatturato 380 milioni di cui 374 verso società controllanti.
Quindi Pavimental fa la quasi totalità del fatturato intra-gruppo e nel 2017 ha avuto il premio come eccellenza nelle pavimentazioni stradali.
Nel mese di maggio 2018 la Pavimental insieme ad Autostrade per l’Italia hanno avuto qualche problemino con un subappaltatore : la G Costruzioni Srl che non pagava i dipendenti sui cantieri di Barberino Del Mugello.
Nello stesso periodo, Pavimental ha richiesto la cassa integrazione per 277 operai addetti alla manutenzione perchè causa la nuova regolamentazione del codice degli appalti, il 60% dei lavori dovrà essere messo in gara a terzi.
Mi domando : se la Pavimental Spa è effettivamente una impresa competitiva sul mercato, perchè, in nome di questa nuova regola mette in cassa integrazione 277 persone? Perchè subappalta a uno che non paga i dipendenti e mette in cassa integrazione i propri?
Queste domande non se le è fatte nessuno?
L’accordo tra sindacati e Pavimental (complimenti ai sindacati per la ottima trattativa nell’interesse degli operai) approvato alla velocità della luce poco prima dell’insediamento del governo è stato fatto per una azienda che non è in crisi perchè nel 2017 ha conseguito 15 milioni di € di utili e non sono nemmeno in crisi le società che la controllano. Mi chiedo se è eticamente giusto mettere in cassa integrazione 287 dipendenti ADDETTI ALLA MANUTENZIONE (anche a Genova).
Questo dimostra che nessuno pensava alla sicurezza, ma pensavano solo a nuovi investimenti e a gare d’appalto future.
A parte questo vediamo alcuni dati economici del 2017 di Pavimental Spa e delle società sue azioniste.
Pavimental – Utile netto circa 15 milioni di €
Autostrade Per L’Italia – 1042 milioni di €
Atlantia – 1432 milioni di €
ADR Aeroporti Di Roma – 245 milioni di €
Tutti gli azionisti di Pavimental sono dei poveretti che non fanno utili.
Visto che parliamo di servizi in concessione da parte dello Stato, è necessario licenziare 287 persone in vista di una crisi futura con i tuoi azionisti che guadagnano miliardi di euro?
Il detto di Adriano Olivetti : “una fabbrica che funziona in una società che non funziona non serve a niente” non lo hanno mai sentito nominare?
Con miliardi di euro di utili era necessario lasciare a casa 287 dipendenti addetti alla manutenzione anche sul tratto di Genova (come esposto nelle carte del ministero del lavoro) ?
Per finire, questo accordo è stato ratificato dal ministero il giorno 25 maggio 5 giorni prima dell’insediamento del nuovo Governo.
Diciamo che sono solo coincidenze.
Questa è solo la prima puntata.
Avremo altre cose molto interessanti da raccontarvi.
Alla prossima.
Alcuni link Utili
http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/art/lavori-pubblici/2018-05-24/pavimental-ok-ministero-lavoro-cassa-straordinaria-causata-codice-163802.php?uuid=AEBo7ctE
http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/print/AEpxwsqE/0
Qui riportiamo quanto estratto dal sito del Ministero Del Lavoro.
Denominazione azienda: PAVIMENTAL Con sede in: ROMA Prov: RM
Causale di Intervento: Crisi aziendale
Unità di: MARCIANISE Prov: CE
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: GENOVA Prov: GE
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: FIESSO UMBERTIANO Prov: RO
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: FIESSO UMBERTIANO Prov: RO
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: GENOVA Prov: GE
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: GENOVA Prov: GE
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: MAGLIANO SABINA Prov: RI
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: MAGLIANO SABINA Prov: RI
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: MAGLIANO SABINA Prov: RI
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: MAGLIANO SABINA Prov: RI
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: PONTENURE Prov: PC
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: TREZZO SULL’ADDA Prov: MI
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: TREZZO SULL’ADDA Prov: MI
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: ZOLA PREDOSA Prov: BO
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: ZOLA PREDOSA Prov: BO
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: LORETO Prov: AN
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: LORETO Prov: AN
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: BARBERINO DI MUGELLO Prov: FI
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: BARBERINO DI MUGELLO Prov: FI
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: AREZZO Prov: AR
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: AREZZO Prov: AR
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: ROMA Prov: RM
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: ANAGNI Prov: FR
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: ANAGNI Prov: FR
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: ANDRIA Prov: BT
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: ANDRIA Prov: BT
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: RIMINI Prov: RN
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: RIMINI Prov: RN
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: ORTONA Prov: CH
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: ORTONA Prov: CH
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: UBOLDO Prov: VA
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: UBOLDO Prov: VA
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: PONTENURE Prov: PC
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Unità di: MARCIANISE Prov: CE
Settore: Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali
Decreto del: 30/07/2018 N. 101876
Approvazione del programma C.I.G.S. dal: 04/06/2018 al 03/06/2019
Concessione del trattamento di C.I.G.S. dal: 04/06/2018 al 03/06/2019
Pagamento diretto INPS: No

 

giovedì 9 agosto 2018

UNA COSA TUTT'ALTRO CHE SEMPLICE : FARE CAUSA A UNA BANCA.

A differenza di ciò che alcune società di consulenza dichiarano, non è assolutamente una cosa semplice.
Se si vuole portare a termine con successo una azione di recupero nei confronti di un istituto di credito, bisogna rivolgersi a consulenti tecnici e legali che abbiano alcune importanti caratteristiche :
  1. devono essere non competenti, ma super-competenti in materia.
  2. devono essere specialisti.
  3. devono essere indipendenti e non avere conflitti di interessi.
  4. non devono ricevere incarichi da istituti di credito o società finanziarie.
Viviamo in un paese che potrebbe definirsi un gigantesco conflitto di interessi. Ma i conflitti di interesse non sono solamente quelli di Berlusconi o dei grandi poteri finanziari. Questi riguardano la politica che speriamo prima o poi rilasci una legge che lo regolamenti in modo decente.
Ci sono altri conflitti di interessi che non percepiamo perché vengono volutamente nascosti in quanto collegati ai soliti grandi enti o intermediari che traggono vantaggio da questo.
I veri consulenti tecnici o finanziari o legali, devono essere “indipendenti”.
Vediamo cosa è e che cosa fa un “Consulente Finanziario Indipendente”.
Il consulente finanziario indipendente è un professionista che, sulla base del suo studio, propone le strategie più adatte alle esigenze del cliente.
Il consulente è indipendente perché è privo di qualsiasi legame con banche e società finanziarie.
A differenza del promotore finanziario e a differenza di altre figure che si definiscono consulenti, può essere esclusivamente remunerato dal cliente (fee only).
Si deduce che, siccome lo pagate voi, il consulente indipendente fa veramente i vostri interessi perché la natura umana porta sempre l'uomo a fare gli interessi di chi lo paga.
Inoltre, su richiesta, i consulenti seri ve lo mettono anche per iscritto.
Per spiegare questo facciamo un paio di esempi.
Quasi tutti i clienti dicono di avere un “direttore di banca amico” o un “consulente bancario” (in conflitto di interessi) amico.
Perché in questo caso il consulente è in conflitto di interessi o meglio, non può definirsi un consulente?
Molto semplice : non lo pagate voi.
Lo paga quello che vi vende il prodotto e quasi sempre il contratto più svantaggioso per voi è quello che remunera di più il “consulente”.
Quindi i vostri interessi non li farà mai.
Un consulente indipendente analizza tutto il mercato bancario e vi consiglia il prodotto migliore, ma soprattutto deve essere pagato da voi e non dalla banca che emette il prodotto che vi viene venduto.
Un consulente tecnico di parte che fa con coscienza il suo lavoro, analizza la vostra documentazione e vi dice se l'azione nei confronti dell'istituto è fattibile oppure no.
Questo processo viene definito pre-analisi e la maggior parte dei consulenti indipendenti lo svolge a titolo gratuito.
Quindi il consiglio importante è questo : quando parlate con un consulente chiedetevi chi lo paga. Se lo pagate voi e vi certtifica che non lavora con banche e società finanziarie siamo già a buon punto.
Controllate e fatevi mettere per iscritto che non sia fiduciario di una banca.
Le banche, se è così, tutti gli anni gli versano in onorari molti più soldi di voi.
Non fidatevi mai.
Il denaro modifica l'uomo.
Ho visto consulenti tecnici accettare incarichi (addirittura da giudici di tribunali) pur essendo consiglieri di società controllate dall'istituto di credito oggetto di causa per risarcimento.
Come potete pensare che un consulente con simili caratteristiche sia imparziale (in caso di Consulenza Tecnica d'Ufficio o CTU) o che tenga la parte del cliente ? (in caso di Consulenza Tecnica di Parte).
Dopo aver preso tutte queste precauzioni sui vostri consulenti tecnici e legali di fiducia potete tentare, altrimenti lasciate perdere.
Vi infilate in una situazione senza speranze dove potete perdere solo tempo e soldi.
Tempo e soldi sono ciò che spesso mancano ai clienti mentre gli istituti di credito ne hanno in abbondanza. Si possono permettere i migliori consulenti tecnici di parte e i migliori avvocati.
    Il cliente molto spesso non è in questa situazione e quindi, si fa attrarre da chi promette mari e monti in cambio magari di pochi soldi.
    Il cliente deve diffidare :
  • delle strutture molto grandi che si dicono specializzate, ma che spesso lavorano per gli istituti di credito.
  • da chi vi fa contattare da “presunti consulenti” che fanno un altro lavoro e cercano clienti a tempo perso per conto di grandi organizzazioni piramidali. Queste organizzazioni sono solo “venditori di perizie” e spesso, pur di vendere, scrivono cose molto discutibili.
Abbiamo quindi visto che, se volete fare causa a una banca, bisogna affidarsi a un team di consulenti di fiducia che sappiano fare il lavoro e che siano realmente indipendenti.
Altra cosa importante
Se avete intenzione di intraprendere azioni legali, rivolgetevi al team di scenarieconomici.it che vi saprà suggerire i consulenti migliori.

domenica 29 luglio 2018

Articolo di Marcello Foa

Pubblico un articolo del 2010 fatto da un personaggio che già allora aveva capito che l'operato delle banche centrali non era a vantaggio dei cittadini, ma c'era qualcosa che non andava nel meccanismo.
Chi si attentava a parlare dell'operato tabù delle banche centrali a quei tempi? Solo un giornalista indipendente che "faceva il giornalista". Si chiama Marcello Foa.

North Dakota, il miracolo fatto in casa

 Il Giornale 9/11/2010.

Qual è lo Stato che può vantare una disoccupazione al 4,4%? E aumenti del Pil a due cifre con incrementi dei redditi delle persone fisiche pari al 23% tra il 2006 e il 2009? Uno pensa: non può essere che la Cina. Sbagliato. Anche nell'’ansimante America c’è chi va alla grande. L’'autore di questo miracolo è il North Dakota, ovvero uno dei piccoli e in apparenza marginali tra i 50 che compongono la federazione statunitense.
La sua fortuna? Aver dato retta, tra il 1915 e il 1920, alla Nonpartisan League, un movimento locale che l’'establishment tentò di fermare bollandolo come populista, ma che in realtà era lungimirante. Quel movimento indipendente propose agli elettori del North Dakota di non aderire al Federal Reserve System ovvero al circuito finanziario imperniato sulla Fed, la Banca centrale americana. Pensavano, i contadini dello Stato, che non ci si potesse fidare dei banchieri di Wall Street e che fosse più saggio avvalersi di un Istituto indipendente. Il tempo ha dato loro ragione.
Il successo del North Dakota è tutto qui: pur usando il dollaro come valuta di scambio, oggi è l'’unico Stato americano che non dipende dalla Federal Reserve. A garantire le sue riserve sono i cittadini, i quali, in caso di dissesti finanziari non potrebbero avvalersi dell’'assicurazione federale sui depositi. Lo Stato corre un rischio, ma ipotetico: in oltre 90 anni di vita l'’istituto non è mai stato in difficoltà ed è passato indenne attraverso ogni crisi.
Per legge lo Stato e tutti gli enti pubblici devono versare i fondi nelle casse della Banca centrale del North Dakota, che li usa non per ottenere utili mirabolanti, né per oliare indebitamente le banche private, ma per aiutare la crescita dello Stato. Di fatto agisce come un’'agenzia di sviluppo economico e dunque sostiene progetti d’investimento, concede finanziamenti a tassi molto bassi, nonché un numero impressionante di prestiti agli studenti a condizioni eque.
Sarà per la mentalità contadina di quella gente o per le virtù civiche sia degli amministratori della banca che dei cittadini, ma il tasso di spreco e di inefficienza è bassissimo. Per dirla in altri termini: quegli investimenti non sono sprecati in progetti insensati o improduttivi, dunque non producono carrozzoni parapubblici con interessi e prospettive clientelari, ma producono ricchezza nel territorio e dunque nuovo gettito fiscale, nuovi fondi per la banca; insomma, generano un ciclo virtuoso.
Sembra l’uovo di Colombo, ma altro non è che il trionfo del buon senso. In ultima analisi lo scopo della banca centrale di un Paese dovrebbe essere quello di agevolare uno sviluppo economico armonioso e senza squilibri finanziari o inflazionistici. La Bank of North Dakota ci riesce a tal punto da chiudere ogni anno in utile (nel 2009 per 58 milioni di dollari), denaro che torna ai legittimi proprietari ovvero ai contribuenti. Il sistema funziona così bene che diversi Stati americani vogliono imitarlo. E mica solo staterelli, anche colossi come California, Ohio, Florida, stufi di un meccanismo che negli ultimi trent’anni ha creato una ricchezza illusoria.
La Federal Reserve, infatti, non appartiene ai cittadini americani, ma alle banche, che pertanto sono i suoi azionisti di riferimento, così come, peraltro, avviene per la Banca d’'Italia. Il liberista Ron Paul da anni sostiene, inascoltato, che una Banca centrale non è nemmeno contemplata dalla Costituzione americana e che di fatto tradisce lo spirito dei fondatori degli Stati Uniti d’America. Furono gli ambienti di Wall Street, nel 1914, a indurre il presidente Wilson a creare la Fed, la quale, però, nel corso dei decenni ha assunto compiti e generato dinamiche devianti, sottraendo al popolo la sovranità finanziaria.
Contrariamente alla Fed, la North Dakota Bank non ha bisogno di considerare interventi straordinari a sostegno di un’economia asfittica, né di comprare i Buoni del Tesoro invenduti, per la semplice ragione che lo Stato non ha debiti ed è addirittura in surplus. La North Dakota Bank non ha seguito la moda dei subprime, né della cartolarizzazione dei debiti, né delle altre diavolerie finanziarie escogitate negli ultimi anni dai dissennati e avidissimi manager delle grandi banche d’'affari. Ha continuato ad essere una banca centrale al servizio della comunità, capace di mettere a disposizione dei privati le risorse necessarie per avviare imprese che poi non vivono di sussidi, ma secondo le regole di mercato. È la rivincita di un'’America semplice e vincente, ma di cui nessuno parla mai.

Come il sistema finanziario ordoliberista ha distrutto una banca che faceva la banca.

Avevo postato questo articolo di Ellen Brown nel 2015. Visto che il governo Lega-M5S ha promesso grandi riforme del sistema bancario. La Commonwealth Bank di Dennison Miller faceva esattamente la banca per le persone e non per la finanza.
Naturalmente, negli anni 90, i banchieri privati ordoliberisti sono riusciti a distruggerla.
La crisi attuale non è una crisi, ma un cambiamento del paradigma economico. Tale cambiamento si è dimostrato sbagliato. Speriamo che il governo intervenga nel senso giusto.

*************************************************************

Questo è un vecchissimo articolo datato 2010. Possibile che nessuno abbia ancora imparato niente e che anche il fenomeno Tsipras voglia continuare a negoziare con una associazione a delinquere?
Leggetevi questo che ci dà una idea di come funzionerebbe il mondo libero dalla truffa del debito sovrano.

  • SFUGGIRE ALLA TRAPPOLA DEL DEBITO SOVRANO
    Postato il Mercoledì, 25 agosto 2010


DI ELLEN BROWN
webofdebt.wordpress.com
L’attuale crisi del credito è sostanzialmente una crisi del capitale: in un periodo in cui le banche sono carenti del capitale necessario per garantire i prestiti erogati, vengono innalzati i requisiti sul capitale. Quasi un secolo fa, la Commonwealth Bank of Australia dimostrò che le banche, in realtà, non hanno bisogno di capitale per erogare prestiti – fintanto che il loro credito viene garantito dal governo. Denison Miller, il primo governatore della banca, amava dire che la banca non aveva bisogno di capitale perché “è garantita dalla ricchezza e dal credito dell’Australia intera”. Con nient’altro che questo potere del credito nazionale, la Commonwealth Bank finanziò sia enormi progetti infrastrutturali che la partecipazione del paese alla Prima Guerra Mondiale.
Il presidente John Adams viene citato per aver detto: “Ci sono due modi per conquistare e schiavizzare una nazione. Uno è con le spade, l’altro è con il debito”. Oggi le maggiori conquiste avvengono sul campo di battaglia del debito, una guerra che sta imperversando a livello globale. Il debito costringe i cittadini a cadere nella schiavitù finanziaria nei confronti delle banche e costringe i governi a cedere la sovranità ai creditori, che alla fine sono banche private, artefici di tutto il denaro non in contanti odierno. In Gran Bretagna, dove la Banca d’Inghilterra è di proprietà del governo, il 97% dell’offerta monetaria viene emessa privatamente dalle banche sotto forma di prestiti. Negli Stati Uniti, dove la banca centrale è di proprietà di un consorzio privato di banche, la percentuale è addirittura maggiore. La Federal Reserve emette Banconote della Federal Reserve (vale a dire banconote di dollari) e le presta alle altre banche, che a loro volta le prestano ad interesse ai cittadini, alle imprese, ai governi locali e al governo federale.
Questo è vero oggi ma in passato ci sono stati dei modelli di successo nei quali il governo stesso emetteva la moneta nazionale, sia sotto forma di banconote che di credito della nazione. Un esempio lampante di questo approccio illuminato al denaro e al credito fu la Commonwealth Bank of Australia, che operò con ottimi risultati come banca di proprietà del governo per la maggior parte del ventesimo secolo. Invece di emettere “debito sovrano” – obbligazioni federali che indebitano la nazione facendole pagare interessi all’infinito – il governo, tramite la Commonwealth Bank, emetteva “credito sovrano”, credito che la nazione anticipava al governo e ai suoi organi costitutivi.
I risultati della banca furono particolarmente rilevanti considerando il fatto che nel corso dei primi otto anni, dal 1912 al 1920, non aveva la facoltà di emettere la moneta nazionale ed operava senza un capitale iniziale.
Sir Denison Miller, governatore della banca dalla sua creazione nel 1912 al 1923, fu citato sulla stampa australiana il 7 luglio 1921 per aver detto: “Vi sono le intere risorse dell’Australia dietro a questa banca. Questo continente è forte, e forte sarà la Commonwealth Bank. Potrà essere realizzata qualsiasi cosa che i cittadini australiani concepiranno in modo intelligente e appoggeranno in modo leale”.
Non si trattava solamente di strombazzate giornalistiche. In un articolo del 2001 dal titolo “Come viene creato il denaro in Australia”, David Kiss scrisse in merito ai primi risultati raggiunti dalla banca:
La Commonwealth Bank, costituita dal governo australiano, raggiunse risultati sorprendenti mentre era ancora la banca “del popolo”, prima di venire paralizzata da successive decisioni del governo e, infine, venduta. In un periodo in cui le banche private chiedevano un 6% di interesse per i prestiti, la Commonwealth Bank finanziò gli sforzi bellici australiani della Prima Guerra Mondiale dal 1914 al 1919 con un prestito di 700.000.000 di dollari ad un tasso di interesse inferiore all’1%, facendo quindi risparmiare agli Australiani qualcosa come 12 milioni di dollari di oneri bancari. Nel 1916 rese disponibili dei fondi a Londra per l’acquisto di 15 piroscafi mercantili per sostenere le crescenti esportazioni dell’Australia. Fino al 1924 i benefici che ricadevano sulla popolazione australiana grazie alla loro banca erano costanti. La banca finanziò consorzi per il commercio di frutta e marmellate fino a 3 milioni di dollari, trovò 8 milioni di dollari per le abitazioni australiane mentre ai governi locali, per la costruzione di strade, linee tranviarie, porti, gasdotti, centrali di energia elettrica e via dicendo erogò prestiti per 18,72 milioni di dollari. Pagò 6,194 milioni di dollari al governo del Commonwealth tra il dicembre 1920 e il giugno 1923 – i profitti del suo Dipartimento per l’Emissione di Banconote – mentre nel 1924 aveva realizzato da sola utili per 9 milioni di dollari, disponibili per riscattare il debito. Il governatore della banca dalla mentalità così indipendente, Sir Denison Miller, utilizzò il potere di credito della banca dopo la Prima Guerra Mondiale per salvare gli australiani dalla situazione di depressione che veniva imposta negli altri paesi... Nel 1931 fusioni con altre banche trasformarono la Commonwealth Bank nel più grande istituto di risparmio d’Australia, catturando il 60% dei risparmi della nazione”.
Sfruttare il potere segreto del sistema bancario per il bene pubblico.
La Banca del Commonwealth fu in grado di raggiungere simili risultati con così poco perché sia il suo primo governatore, Denison Miller, che il suo primo e più fervido sostenitore, King O’Malley, erano loro stessi dei banchieri e conoscevano il segreto del sistema bancario: le banche creano il “denaro” che prestano annotando semplicemente delle voci contabili nei conti di deposito dei mutuatari.
Questo segreto bancario fu confermato da un certo numero di vecchi addetti ai lavori nell’ambiente bancario. Nel 1998, in un documento intitolato “Manufacturing Money”, l’economista australiano Mike Mansfield citò Reginald McKenna, ex Ministro del Tesoro britannico, che dichiarava agli azionisti della Midland Bank il 25 gennaio 1924: “Temo che al cittadino comune non piacerà il fatto che gli venga detto che le banche possono creare e distruggere il denaro. La quantità di denaro in circolazione varia solamente grazie all’azione delle banche che aumentano o diminuiscono i depositi e operano acquisti bancari. Sappiamo come avviene tutto questo. Ogni prestito, ogni fido, ogni acquisto bancario crea un deposito e ogni estinzione di un prestito, di un fido o di una vendita bancaria distrugge un deposito”.
Il dottor Coombs, ex governatore della Reserve Bank of Australia, affermò in un discorso ufficiale presso l’Università del Queensland il 15 settembre 1954: “Quando una banca presta denaro, questo passa nelle mani della persona che lo prende a prestito senza che nessuno ci perda alcunché. Ogni volta che una banca presta denaro vi è di conseguenza un aumento della quantità totale di denaro a disposizione”.
Ralph Hawtrey, assistente del Sottosegretario al Tesoro britannico negli anni Trenta, scrisse in Trade Depression and the Way Out: “Quando una banca presta denaro, crea questo denaro dal nulla”. Nel suo libro intitolato The Art of Central Banking, Hawtrey spiega meglio questo concetto: “Quando una banca presta denaro, crea credito. Rispetto al prestito che viene inserito nella sezione delle attività, esiste un deposito inserito nella sezione delle passività. Ma gli altri prestatori non hanno il potere mistico di creazione dal nulla del mezzo di pagamento. Ciò che prestano deve essere denaro che hanno acquisito attraverso le loro attività economiche”.
Le banche possono fare quello che nessun altro può fare: “creare dal nulla il mezzo di pagamento”. I lungimiranti fondatori della Commonwealth Bank combinarono questo segreto bancario ben custodito con il servizio pubblico.
Il crollo bancario del 1983 genera un nuovo modello di banca pubblica
La Commonwealth Bank fu fondata in una situazione simile a quella di oggi: il paese aveva da poco subito un enorme tracollo del sistema bancario. Negli anni novanta dell’Ottocento, tuttavia, non esistevano le garanzie da parte dell’FDIC, non c’era la previdenza sociale, non c’erano gli ammortizzatori sociali per i disoccupati che potessero attutire il colpo. La gente che pensava di passarsela bene improvvisamente si trovò a non avere più nulla. Non potevano ritirare i propri risparmi, emettere assegni o vendere i propri prodotti o le proprie abitazioni dato che non c’era più denaro con cui acquistarli. Cittadini disperati si gettavano nel vuoto dai ponti o si buttavano sotto ai treni.
Qualcosa doveva essere fatto.
La risposta del governo laburista fu quella di approvare un disegno di legge nel 1911 che comprendeva una norma per una banca di proprietà pubblica che sarebbe stata garantita dei beni del governo. Con un’iniziativa rara per quei tempi, la banca avrebbe avuto un’attività sia di risparmio che di gestione bancaria generale. Era anche la prima banca australiana a ricevere una garanzia del governo federale.
Jack Lang era il ministro del Tesoro australiano nel governo laburista del 1920-21 e primo ministro del Nuovo Galles del Sud nel corso della Grande Depressione. Figura controversa, fu sollevato dall’incarico dopo essersi rifiutato di ripagare prestiti contratti con i banchieri di Londra. Nel libro The Great Bust: The Depression of the Thirties (McNamara’s Books, Katoomba, 1962), Lang descrisse i trionfi e le tribolazioni della Commonwealth Bank con dettagli significativi:
Il Partito Laburista decise che una banca nazionale, garantita dei beni del governo, non fallirebbe in periodi di tensione finanziaria. Si rese anche conto che una simile banca sarebbe stata una garanzia per la disponibilità di fondi per la costruzione di case ed altre necessità. Dopo il crollo delle imprese edili, c’era una grande scarsità di denaro per simili attività”.
 “… Principale sostenitore della causa di una Banca del Commonwealth era King O’Malley, un pittoresco americano-canadese ... prima di arrivare in Australia aveva lavorato in una piccola banca di New York, di proprietà di uno zio… era rimasto molto colpito dal modo in cui lo zio aveva creato il credito. Una banca poteva creare il credito, e allo stesso tempo fabbricare il debito per equilibrarlo. Questa fu la grande scoperta della carriera bancaria di O’Malley. Imbonitore nato, aveva una voglia sfrenata di fare le cose in grande. Iniziò la sua carriera politica nell’Australia meridionale sostenendo una banca commerciale. Nel 1901 fu eletto nel primo Parlamento Federale come monogruppo di pressione per costituire una banca del Commowealth, e aderì al Partito Laburista con questa intenzione”.
King O’Malley insisteva sul fatto che la Commonwealth Bank dovesse avere il controllo dell’emissione delle proprie banconote ma tutti i suoi sforzi furono vani – fino al 1920, quando la banca rilevò l’emissione della valuta nazionale, come fu autorizzata a fare nel 1913 la Federal Reserve negli Stati Uniti. Questo rappresentò l’inizio del potere come banca centrale della Commonwealth Bank. Ma già prima di avere questo potere la banca era in grado di finanziare su vasta scala le infrastrutture e l’apparato militare, e lo aveva fatto senza avere un capitale iniziale. Questi risultati furono dovuti principalmente all’intuito e all’audacia del primo governatore della banca, Denison Miller.
Gli altri banchieri, temendo la concorrenza, avevano pensato che l’inserimento di uno dei propri uomini come governatore della banca potesse tenerla in riga. Ma non avevano fatto i conti con il loro rappresentante indipendente, che aveva visto l’opportunità di una banca garantita dal governo e si preparò per renderla il migliore istituto che il paese avesse mai conosciuto. Così Lang racconta la vicenda:
La prima prova arrivò quando fu necessario prendere una decisione riguardo al capitale necessario per avviare una banca di quel genere. Secondo la legge, il Commonwealth aveva il diritto di vendere ed emettere titoli obbligazionari per un totale di 1 milione di sterline. Alcuni avevano addirittura pensato che quella somma sarebbe stata insufficiente, considerando quello che era accaduto nel 1893...”
 “Quando Denison Miller lo venne a sapere, la sua risposta fu che non era necessario alcun capitale”.
Miller si guardò bene dall’andare dai politici a chiedere soldi. Poteva  farcela senza un capitale. Come King O’Malley, sapeva come funzionava il  sistema bancario (tutto questo, ovviamente, avveniva prima degli  attuali requisiti sul capitale imposti da oltre frontiera dalla banca  delle banche centrali, la Banca per i Regolamenti Internazionali). Lang  continua:
 “Miller era l’unico dipendente. Aveva trovato un piccolo ufficio… e  aveva chiesto al Tesoro un anticipo di 10.000 sterline. Questa fu  probabilmente la prima e unica volta che il Commonwealth prestò alla  banca dei soldi. Dal quel momento in poi, tutto andò nella direzione  opposta”.
 “… Nel gennaio 1913, Miller aveva completato i preparativi per aprire  una banca in ogni stato del Commonwealth, tra cui anche una  rappresentanza a Londra. Il 20 gennaio 1913, tenne un discorso nel quale  dichiarava che la nuova Commonwealth Bank apriva le proprie attività.  Queste furono le sue parole:
 “Questa banca è stata creata senza un capitale, perché nessun capitale è  richiesto al momento, ma è garantita dalla ricchezza e dal credito  dell’Australia intera”.
 “In quelle poche e semplici parole risiedevano lo statuto della banca e  il credo di Denison Miller, che non smetteva mai di ripetere. Aveva  promesso di fornire agevolazioni per espandere le risorse naturali del  paese, e che sarebbe stata sempre una banca dei cittadini. ‘Non c’è  dubbio che con il tempo sarà elencata come una delle più grandi banche  del mondo’ aggiunse in tono profetico.”
 “... Pian piano alle banche private apparve chiaro che potevano aver  allevato una serpe in seno. Erano così concentrate sui rischi di dover  lottare contro la socializzazione bancaria che non si erano rese conto  che avevano molto più da temere dalla concorrenza di un banchiere  ortodosso, che aveva alle spalle le risorse del paese.”
 “… Una delle prime dimostrazioni della sua fermezza arrivò quando la  Melbourne Board of Works scese sul mercato alla ricerca di denaro per  estinguere vecchi prestiti, e per procurarsi anche nuovo denaro. Fino a  quel momento, a parte i Buoni del Tesoro e gli anticipi provenienti  dalle proprie Casse di risparmio, i governi dipendevano dai prestiti  oltremare provenienti da Londra... oltre ad avere dei vincoli rigidi di  sottoscrizione, avevano anche scoperto che non potevano aspettarsi più  di 1 milione di sterline al 4 per cento, 97,5 netto.
 “Allora decisero di rivolgersi a Denison Miller, che aveva promesso di  garantire condizioni speciali a quegli istituti. Miller si offrì  immediatamente di prestare 3 milioni di sterline a 95, su cui si sarebbe  applicato un tasso di interesse del 4 per cento. L’accordo fu concluso  all’istante. Quando gli fu chiesto dove la sua giovane banca avesse  raccolto tutto quel denaro, Miller rispose: ‘Sul credito della nazione.  E’ illimitato’”.
 Un’altra prova importante arrivò nel 1914 con la Prima Guerra Mondiale:
 “La prima reazione fu il rischio che la gente potesse correre agli sportelli a ritirare i propri risparmi. La banche si resero conto che erano ancora vulnerabili se questo fosse avvenuto, avevano ancora paura di un altro Venerdì Nero. “Ci fu una riunione organizzata in fretta e furia dai principali banchieri. Alcuni riferirono che c’erano indicazioni del fatto che una  corsa era già iniziata. Denisor Miller sostenne poi che la Commonwealth  Bank, per conto del Commonwealth, avrebbe appoggiato ogni banca in  difficoltà... Questo fece cessare il panico e collocò Miller in prima  fila. Ora, per la prima volta, la Commonwealth Bank stava prendendo  l’iniziativa. Gli ordini li stava dando, e non prendendo...”
 “Denison Miller... controllava praticamente i finanziamenti bellici. Il  governo non sapeva come si potevano ottenere questi soldi. Miller sì”.
 E quest’interessante storia continua. Miller morì nel 1923 e nel 1924 i  banchieri ripresero il controllo della Commonwealth Bank, strozzandone  le attività e impedendole di salvare gli australiani dalle devastazioni  della Depressione degli anni Trenta. Nel 1931, il consiglio di  amministrazione della banca entrò in conflitto con il governo laburista  di James Scullin. Il presidente della banca si rifiutava di estendere il  credito, in risposta alla Grande Depressione, a meno che il governo  avesse tagliato le pensioni, cosa che Scullin rigettò. Il conflitto che  circondò la vicenda portò alla caduta del governo e alle richieste da  parte dei laburisti di riformare la banca e un maggiore controllo  diretto del governo sulla politica monetaria.
 La Commonwealth Bank ricevette quasi tutti i poteri di una banca  centrale grazie ad una legge di emergenza approvata nel corso della  Seconda Guerra Mondiale, e alla fine del conflitto bellico utilizzò  questi poteri per iniziare una fortissima espansione dell’economia. In  soli cinque anni vennero aperte centinaia di filiali in tutto il paese.  Nel 1958 e nel 1959, il governo divise in due la banca, concedendo le  funzioni di banca centrale alla Reserve Bank of Australia mentre la  Commonwealth Bank Corporation conservava le proprie funzioni di banca  commerciale. Entrambe le banche, comunque, rimanevano di proprietà  pubblica.
 Alla fine la Commonwealth Bank aveva filiali in ogni città e zona di  periferia, mentre nelle zone rurali aveva una rappresentanza in ogni  ufficio postale e in ogni emporio. Essendo la banca più grande del  paese, stabiliva i tassi e decretava la politica, che gli altri dovevano  seguire per paura di perdere clienti. La Commonwealth Bank fu  ampiamente percepita come una polizza di assicurazione contro gli abusi  da parte delle banche private, in modo da garantire che chiunque avesse  accesso ad un sistema bancario equo. La Commonwealth Bank operò come una  banca interamente di proprietà dello stato fino agli anni Novanta,  quanto fu privatizzata e dunque gli interessi si spostarono verso la  massimizzazione dei profitti, con una costante e massiccia chiusura  delle filiali e delle agenzie, il licenziamento in massa dei dipendenti e  la riduzione delle modalità di accesso ai bancomat e al pagamento in  contanti alle casse dei supermercati. Ora è diventata un’altra costola  del cartello bancario ma i suoi sostenitori ribadiscono che una volta  rappresentava la linfa vitale del paese.
 In Australia oggi c’è un rinnovato interesse nel ristabilire una banca  di proprietà pubblica sul modello della Commonwealth Bank. Gli Stati  Uniti e gli altri paesi farebbero bene anche a considerare questa  possibilità.
 Un ringraziamento speciale a Peter Myers per la riproduzione di ampi  brani del libro di Jack Lang nella sua newsletter settimanale.